L’atelierista è una professione relativamente nuova, non regolamentata da ordini o albi professionali. Dunque, potenzialmente chiunque può definirsi tale anche senza una formazione e senza commettere un abuso di professione (almeno dal punto di vista legale). Forse anche per questo è così difficile orientarsi.
Fu Loris Malaguzzi a introdurre questa figura nell’organico del personale educativo delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia, inserendo un professionista con una formazione artistica nella vita quotidiana della scuola. Fin da allora, una caratteristica fondamentale del ruolo di atelierista è sempre stata quella di progettare dei contesti stimolanti poco strutturati e non direttivi, per promuovere il processo creativo e la libera espressione piuttosto che la creazione di prodotti specifici.
Poi nel tempo, e soprattutto negli ultimi tempi, il termine “atelierista” si è esteso ampiamente al di fuori del Reggio approach e della fascia di età prescolare.
Quindi chi è un’atelierista?
Un professionista con una doppia competenza – artistica e relazionale – che favorisce l’espressione creativa di altre persone attraverso materiali di vario genere.
Quali sono le sue competenze?
Da un lato la conoscenza pratica, approfondita di alcuni materiali e tecniche artistiche; dall’altro la conoscenza del target a cui ci si rivolge, unitamente a una buona capacità empatica e relazionale.
Diffido di chi fa tutto per tutti, non si può essere esperti di infanzia, adolescenza, terza età, gruppi familiari, natura, creta, loose parts e chi più ne ha più ne metta.
Penso che ogni atelierista abbia la responsabilità di costruire la sua professionalità selezionando alcune strade in base alle proprie attitudini, e approfondendole.
Come ci si forma?
Frequentando scuole o corsi di discipline artistiche di alto livello, con molte ore di laboratorio e di pratica personale, possibilmente evitando corsi online ed avendo come docenti una pluralità di professionisti, artisti o artigiani che eccellono nei loro campi. Credo che sia fondamentale conoscere in modo molto approfondito almeno un materiale e avere una buona conoscenza di base di un ampio ventaglio di materiali eterogenei, componendo un percorso ad hoc secondo le proprie attitudini. Un buon atelierista sperimenta sempre in prima persona i materiali che propone in atelier. Quando la preparazione pratico-artistica sarà abbastanza buona, consiglio di intraprendere un tirocinio (ad esempio in una scuola, un centro di aggregazione, ecc.) per imparare dall’esperienza e confrontarsi con le varie persone che lavorano in quel contesto. L’obiettivo non è trasmettere in modo diretto la propria conoscenza ma usarla come strumento per aprire dei percorsi di ricerca e dei processi creativi in cui ogni persona possa esprimere la sua unicità.
Un ultimo consiglio
Forse il più importante per chi volesse intraprendere questa strada.
Sporcarsi le mani, immergersi nella materia, giocare, sperimentare con i materiali finché diventeranno fedeli alleati.
Infine, non credo che esistano percorsi standard, ma esiste il tuo percorso, da costruire a tua misura.