Perché ci interessiamo tanto ai disegni dei bambini?

di Nona Orbach – Traduzione di Roberta Pucci

 

I bambini imparano a conoscere il mondo esplorandolo attraverso il corpo e i sensi, per soddisfare dei bisogni motori, sensoriali ed emotivi, in un processo gioioso e ricco dal punto di vista immaginativo. I primi segni che essi tracciano nella materia – sulla sabbia, nel fango, sul muro o sulla pappa che si è versata sul tavolo – sono tutte manifestazioni di una naturale propensione ad apprendere, sostenuta da grande curiosità e interesse. Mente e corpo lavorano in sinergia. Gradualmente, i primi segni casuali e i primi scarabocchi si trasformano in forme e disegni più complessi: tutti i bambini, in ogni parte del mondo, sperimentano questo processo attraverso linee, punti, forme e movimenti, creando sulla carta delle composizioni grafiche sempre più complesse e continuando così ad esplorare il mondo e loro stessi, sia dal punto di vista cognitivo che emozionale.

 

Un bambino di quattro anni mentre scarabocchia – Video di Nona Orbach

L’attività grafico-pittorica si sviluppa quindi attraverso il gioco e la ripetizione di esperienze, in un percorso naturale secondo alcuni stadi consequenziali, che sono stati studiati da diversi ricercatori tra cui Victor Lowenfeld, Rhoda Kellogg e Sylvia Fein. La fase dello scarabocchio riveste un ruolo particolarmente importante, in quanto i bambini cominciano ad esprimersi e a comprendere le prime forme universali. Non c’è alcun bisogno di insegnarle o di intervenire, anzi: ciò potrebbe essere persino dannoso. Il processo si sviluppa in modo autonomo, esattamente come si impara a camminare o a stare seduti. I bambini che possono liberamente seguire questo percorso spontaneo svilupperanno un senso di autonomia e di autostima.


Come possiamo vedere nelle immagini qui sopra, il disegno di un bambino di 4 anni e un’incisione sulla roccia di 3500 anni fa (che si trova in Svizzera) si basano sulla stessa struttura di mandala, che appartiene da sempre all’umanità. Ogni bambino intraprende un processo che si fonda su questa eredità e nello stesso tempo, manifesta una propria personale variazione di questo processo, un’impronta spirituale unica (“blueprint” nel testo originale).  

È davvero stupefacente il fenomeno per cui i bambini di tutto il mondo, in tutte le culture, attraversano le stesse fasi di un processo universale (dai primi segni accidentali, ai punti e alle linee, alle spirali, ai mandala fino a certe modalità compositive), riscoprendo inoltre – con i suoi tempi e le sue caratteristiche peculiarità- le tre forme di base presenti in ogni civiltà: cerchio, quadrato e triangolo.

Esistono delle differenze fondamentali tra la produzione grafica di un bambino e quella di un adulto. Da sempre, il bisogno di scarabocchiare dei bambini deriva dal piacere sensoriale e dal piacere della scoperta.

Diversamente dagli adulti, essi non hanno alcuna conoscenza della storia dell’arte e non vogliono creare un’espressione artistica consapevole, né i loro scarabocchi hanno necessariamente una finalità comunicativa. Certo, un bambino potrebbe anche vedere il disegno di un amico e provare a imitarlo o disegnare qualcosa per regalarlo alla sua mamma, ma questi non costituiscono gli obiettivi principali della sua attività grafica. La funzione primaria è quella di imparare a conoscere il mondo, secondo i propri tempi e la propria personalità, facendo esperienza in prima persona dei materiali dell’ambiente circostante. Attraverso questo processo, i bambini andranno gradualmente a costruire il loro personale (e nello stesso tempo universale) “vocabolario” di forme, sia dal punto di vista cognitivo che tecnico ed emozionale.

Di cosa hanno bisogno i bambini?

Un bambino ha bisogno del permesso di essere se stesso. La nostra reazione nei confronti dei disegni e degli scarabocchi non dovrebbe essere diversa – dal punto di vista della quantità e della qualità – da quella che abbiamo nei confronti di una costruzione con i Lego o di un’ambientazione allestita dai bambini per un gioco simbolico. Vedo che sei concentrato e che ti piace quello che stai facendo: è sufficiente che l’adulto di riferimento (genitore o educatore) pronunci queste parole, magari accompagnate da un sorriso incoraggiante.


Immagine di Tali Soffer: bambini di 2.4 anni

Intervenire in modo eccessivo

Nel corso degli anni, ho maturato la conclusione che ci sia un eccesso di intervento da parte degli adulti nei confronti dei disegni e degli scarabocchi dei bambini, sia a casa che a scuola. Sembra infatti che, per qualche motivo, gli adulti siano più interessati ai disegni che alle costruzioni o ai giochi simbolici dei bambini. Nonostante anche in queste attività si potrebbero osservare degli aspetti interessanti, qui di solito i bambini vengono lasciati giocare senza intrusioni. Troppo spesso, invece, accanto a un bambino che disegna compare un adulto che commenta, che fa delle domande (Cos’è questo? Cosa stai disegnando? Qual’è il titolo del disegno?) o che magari elogia una forma perché ricorda qualcosa (un fiore, un cane, ecc.).  In questo modo, il bambino potrebbe tendere a creare altre forme simili per compiacere l’adulto, piuttosto che continuare ad esplorare in modo autentico il proprio processo.  

 

Le motivazioni degli interventi dell’adulto


1. Condizionamento culturale: la fascinazione dei segni che rappresentano immagini o si riferiscono a qualcosa di reale.  

Molti adulti non riconoscono il significato degli scarabocchi, considerandoli del tutto casuali e privi di intenzionalità, come se non avessero un senso di per sé ma solo in quanto fase preparatoria per qualcos’altro. Dal momento che, come adulti, siamo attratti dai segni riconducibili a un oggetto conosciuto, tendiamo a creare e a “vedere” delle immagini figurative. La prima volta in cui un bambino indica dei segni che ha tracciato dicendo Mamma! di solito rappresenta un momento memorabile per tutta la famiglia: è la dimostrazione che il bambino ha messo in relazione uno scarabocchio con un’immagine reale, addirittura nominandola.

Nella società occidentale, creare un’immagine e attribuirle un significato verbale è considerata un’operazione ad alto livello cognitivo. Questo condizionamento culturale, che attribuisce molta importanza alle immagini e al linguaggio verbale, fa sì che il bambino venga spinto a raggiungere quel livello il prima possibile. Ecco perché, appena il bambino comincia a chiudere la linea per ottenere una forma, tendiamo a sollecitarlo perché disegni “una persona” e ad accelerare questo processo attraverso commenti e domande mirate.

2. Per sua natura, un materiale artistico implica un prodotto fisico che permane alla fine del processo.

Quando un gioco simbolico (o di altro genere) finisce, non resta alcun prodotto fisico.

L’azione dello scarabocchiare, invece, produce un risultato fisico che diventa un nuovo oggetto nel mondo. Ciò, in qualche modo, genera immediatamente un giudizio comparativo tra le capacità del bambino e quelle dei suoi compagni o fratelli. È come se la nostra mente attivasse una modalità di confronto e valutazione.

Il gioco simbolico con le bambole, per esempio, non evoca questo tipo di reazione così severa. In alcuni casi, l’opera di un bambino potrebbe addirittura essere associata a un artista (Sembra quasi Picasso!) nonostante il punto di partenza sia completamente diverso.

Come conseguenza, questo tipo di approccio dell’adulto cerca inconsciamente di accelerare lo sviluppo del linguaggio grafico dei bambini verso una rappresentazione più comprensibile dal punto di vista figurativo.

3. Ansia e preoccupazione rispetto un’adeguata preparazione del bambino per la scuola primaria.

I nostri bambini sono nati in una società capitalistica dove leggere e scrivere vengono considerate abilità molto importanti. Perciò, il fatto che un bambino impari a leggere o a scrivere molto presto è ritenuto un traguardo altrettanto importante. Ecco perché in molte scuole dell’infanzia e anche in molte case, si tende a incoraggiare l’apprendimento della scrittura e della lettura, a far colorare o copiare delle immagini prestampate anche se ciò non corrisponde alle fasi dello sviluppo naturale.

Tutto questo esprime l’ansia e la preoccupazione degli adulti, la speranza che – così facendo – il bambino sia avvantaggiato e pronto per la scuola primaria (e in definitiva, per la vita stessa).

4. Spesso in età adulta l’uso della matita è relegato alla scrittura.

Quando mi capita di osservare genitori e familiari in una scuola dell’infanzia, noto che una matita viene immediatamente associata alla rappresentazione di un’immagine riconoscibile o alla scrittura. Com’è possibile questo rimando così esclusivo alla scrittura, quando ci troviamo di fronte a un bambino che sta scarabocchiando? Forse abbiamo dimenticato quel tipo di esperienza e di movimento libero sulla carta? Siamo in grado di richiamare la magia di quell’esperienza ormai dimenticata, magari osservando e cercando di imitare un bambino?

 

Quindi cosa dovremmo fare?

Prima di tutto, rallentare. Tutti abbiamo ereditato dai nostri antenati la capacità di creare dei segni. Secondo diversi studi sull’apprendimento, la maggior parte dei bambini imparerà a leggere e a scrivere quasi in modo indipendente intorno all’età di sei anni, che corrisponde al momento in cui il cervello è pronto per questo tipo di abilità.

Perciò la nostra preoccupazione è inutile: quando sarà il momento, ogni bambino traccerà linee, punti, spirali, le tre forme di base – cerchio, quadrato e triangolo – così come le prime lettere dell’alfabeto. Non c’è alcun bisogno di incalzare i tempi… ma solo del permesso di scoprire le cose da soli.

 

Segni di un bambino di 5,9 anni: Sto scrivendo

Lo scarabocchio e il disegno rappresentano gli antenati della scrittura e sono necessari allo stesso modo.

L’infanzia è un’opportunità irripetibile di felicità e di creatività, il paradiso dello scarabocchio e della presenza dell’essere. Pertanto, è fondamentale lasciare che i bambini possano scoprire in autonomia questa meraviglia. Sarà per loro una scoperta emozionante di un mondo completamente nuovo. E se concederemo ai bambini questa possibilità, anche noi adulti potremo rivivere con loro una seconda infanzia.

 

Questo post fa parte del progetto Grammar of Drawing di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci, ed è stato tradotto in 6 lingue:

Perché i bambini smettono di disegnare?

Di Nona Orbach – Traduzione di Roberta Pucci

 

In molte scuole dell’infanzia israeliane si sta verificando un fenomeno preoccupante. A un certo punto, molti bambini smettono di scarabocchiare e disegnare spontaneamente, sentendosi frustrati da queste attività e definendo “brutte” le loro opere.

In queste scuole, spesso l’insegnante consegna ai bambini delle fotocopie con dei disegni prestampati o disegna lei stessa qualcosa che poi i bambini andranno a colorare. Il risultato è che i bambini tendono a confrontare i loro disegni con quelli stampati o disegnati dall’adulto. Così si interrompe il processo naturale di sviluppo del disegno nell’infanzia, che passa attraverso la fase dello scarabocchio.

Tempo fa, un’insegnante mi chiese di intervenire per rimediare a questa situazione, ponendomi implicitamente la domanda: è ancora possibile intervenire per far sì che i bambini tornino a scarabocchiare in modo gioioso e spensierato, senza ansia da prestazione e modelli di riferimento?

Ecco la mia risposta. Una mattina sono andata a scuola e ho allestito un’attività per un piccolo gruppo di bambini: il “tavolo punto-linea”. Ho disposto sul tavolo dei fogli di quattro diversi tipi di carta e alcuni strumenti per disegnare solo di colore nero (pennarelli di varie dimensioni, penne e matite).

 

“Cos’è questo?” chiese un bambino avvicinandosi.

“È il tavolo degli scarabocchi” risposi. “Vuoi provare?” 

In pochi minuti, i bambini facevano già la fila per sedersi al tavolo punto-linea, dove si sentivano legittimati a scarabocchiare e creare diversi tipi di linee. Mi affrettai ad appendere i loro lavori sulla parete accanto al tavolo.

 

“Perchè li appendi? Sono solo scarabocchi…” chiesero alcuni bambini. “A me piacciono molto gli scarabocchi. Guardate quanti tipi diversi! Ne conoscete qualcuno? Possono essere utili anche per altri bambini, magari verrà loro voglia di provare.”

 

Qual è il significato di questo intervento?

L’utilizzo esclusivo del nero attraverso strumenti “lineari” come matite, penne e pennarelli sollecita la mente ad esplorare forme, punti e linee. Ciò riconduce immediatamente i bambini al loro stadio naturale dello sviluppo grafico, facendo sì che il processo spontaneo possa riprendere il suo corso. La presenza di altri colori avrebbe probabilmente portato a ripetere degli schemi e dei modelli (arcobaleni, cuori, fiori, eccetera).  

Nelle settimane seguenti, quasi tutti i bambini ricominciarono a scarabocchiare e la loro frustrazione per i disegni “brutti” scomparve.

All’interno della scuola, le schede da colorare vennero abolite, rendendo i genitori partecipi delle motivazioni della scelta, con il risultato che molti di essi seguirono il buon esempio anche a casa.

Credo che questo fenomeno di auto-svalutazione, così diffuso tra i bambini in età prescolare, derivi dal modo di intendere l’educazione da parte della società occidentale.

In Israele (e forse in altre parti del mondo), in molte scuole dell’infanzia quasi tutti gli stimoli e gli interventi da parte dell’adulto hanno come obiettivo un apprendimento di tipo cognitivo.

Le competenze considerate più importanti dalla nostra società sono quelle verbali e matematiche. Il gioco e le attività artistico-espressive, quindi, sono spesso “manipolate” e direzionate per questi obiettivi, come quando un bambino di quattro anni viene invitato a copiare un’immagine. Insegnare a un bambino in età prescolare come disegnare una figura umana, correggendo i suoi disegni spontanei, rappresenta un’intrusione e un grave ostacolo al suo sviluppo.

Il mondo occidentale ama e reputa importante tutto ciò che può essere misurato: numeri, tabelle, valutazioni scientifiche. Ma come possiamo misurare la curiosità, il gioco, il piacere, la gioia, l’immaginazione, la gentilezza? Si tratta di elementi “qualitativi” non “quantitativi”. Sono queste qualità a renderci umani, molto più dell’abilità precoce nella lettura e nella scrittura.

Troppo spesso nelle scuole vengono elogiati e incoraggiati solo i disegni con una funzione rappresentativa, mentre è molto raro un elogio al gioco, all’immaginazione, al piacere del fare fine a se stesso.  

Forse a volte dimentichiamo di non essere creature unicamente “cognitive”.

 

Liat Shmerling propone il tavolo “punto-linea” alla sua bambina

Questo post fa parte del progetto Grammar of drawingun viaggio per esplorare il linguaggio espressivo del disegno, a cura di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci.

Tutti gli articoli sono tradotti in 4 lingue:

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Il potere calmante degli scarabocchi

di Suzanne Axelsson – Traduzione di Roberta Pucci

 

Qual è la prima cosa che ci viene in mente per calmare un bambino? Probabilmente cullarlo (e credo che lo stesso valga per noi stessi).

Ma anche scarabocchiare può essere un’azione efficace a questo scopo: pensiamo al ritmo dei movimenti del corpo, alla stimolazione sensoriale delle dita a contatto con i materiali, alle vibrazioni percepite attraverso lo strumento utilizzato, o anche al piacere visivo sperimentato via via che l’intreccio di linee prende forma… il piacere potrebbe essere addirittura associato allapercezione di un suono o di un odore.

Guardando l’immagine qui sopra, possiamo intuire la libertà con cui viene rappresentata una tempesta di neve: movimenti ampi, vortici per richiamare l’idea del vento, il suono del gessetto sulla carta ruvida che contribuisce a creare l’atmosfera della tormenta.

Sia quando scarabocchiamo per mantenere l’attenzione parlando al telefono o ascoltando una lezione, sia nel caso di un’azione intenzionale, quando ci sediamo con carta e penna per creare qualcosa, si tratta comunque di un processo di autoregolazione, di rilassamento, per sentirsi meglio o per mantenere la concentrazione.

 

Dialogo silenzioso con la sabbia di un bambino di un anno sul bordo della sabbiera.

Dal punto di vista neurologico, spesso una cosa viene percepita piacevole affinché la persona sia indotta a ripeterla. Rifare qualcosa molte volte è una strategia attraverso la quale il cervello impara ed evolve, creando connessioni.

Scarabocchiare su diverse superfici – nella sabbia, nel fango, con il sale, usando vari tipi di miscele (come l’aquafaba o acqua e amido di mais) – offre al cervello una molteplicità di stimoli. I polpastrelli percepiscono le vibrazioni, la consistenza e il movimento dei materiali. Gli occhi osservano le azioni delle dita, le tracce che appaiono via via e che influenzano il modo in cui il dito continua a muoversi, come Nona e Roberta hanno descritto nei loro post precedenti (Genesi della linea e Scarabocchiare: un gioco tra occhi e mano).


Il piacere di scarabocchiare nel fango. In Svezia si usa dire che non esiste cattivo tempo, ma solo cattivo equipaggiamento.

Non dovremmo mai affrettare questa fase, che fornisce le basi per le successive abilità musicali, matematiche e di scrittura, così come della capacità di mantenere l’attenzione. Osservare l’intreccio di segni e provare piacere nel poter influenzare il risultato, esplorare le potenzialità delle proprie capacità motorie… 

Il valore dello scarabocchiare dovrebbe essere maggiormente riconosciuto, in modo che i bambini possano sentirsi liberi di farlo quando ne sentono il bisogno, per rilassarsi attraverso il movimento e i materiali artistici, senza il giudizio dello sguardo adulto o dei loro compagni. Mettere a disposizione dei materiali sensoriali adatti può favorire l’attività dello scarabocchio, liberando il bambino dalle aspettative e dalla sensazione di dover disegnare qualcosa e facendo in modo che possa semplicemente gioire del processo creativo di segni e tracce attraverso la sabbia, il colore o qualsiasi altro materiale.


Un bambino di 5 anni mentre scarabocchia con le tempere sul tavolo luminoso ricoperto con un telo di plastica trasparente (lavabile e riutilizzabile), per garantire la massima libertà di esplorazione. Al termine dell’attività, si può appoggiare un foglio di carta sulla superficie del tavolo per creare una stampa dell’immagine creata dal bambino.

Negli anni, ho potuto osservare come gli scarabocchi possiedano una specie di proprietà magica agli occhi dei bambini… A volte resta “solo” uno scarabocchio, altre volte i bambini lo osservano e gli assegnano un significato simbolico (un animale, un fiore, una persona, un numero o una lettera) a seconda di quali informazioni I loro occhi trasmettono al cervello. Spesso ho notato che alcuni bambini cominciano a “scrivere” quasi prima di disegnare, tracciando dei piccoli segni disposti in fila – linee, forme quasi circolari o altri tipi di segni che rappresentano lettere e parole. Può anche accadere che scarabocchi, disegni e scrittura si trovino un po’ mescolati sullo stesso foglio… cominciano ad apparire alcune forme, che presto confluiscono nel bisogno sensoriale dello scarabocchio per poi arrivare all’elaborazione di alcuni simboli intenzionali, specialmente nel caso di bambini con fratelli più grandi o inseriti in gruppi eterogenei per età.

Davvero non potrò mai elogiare abbastanza le sezioni miste per il grande contributo che portano all’evoluzione dello scarabocchio e del disegno attraverso un processo gioioso e organico, che vede spesso i bambini coinvolti in efficaci strategie di auto-apprendimento.


Questo bambino di un anno aveva appena osservato dei compagni più grandi (di 4 e 5 anni) disegnare il contorno della loro mano. Il suo processo di disegno – mentre passa il pennarello intorno alle dita, percependone la punta sulla pelle – è come un dialogo intenso e attento con la propria mano. Egli ha provato molte volte a resistere al solletico del pennarello e ogni volta la mano si è involontariamente ritratta.

Solo una cosa è certa: che il linguaggio scritto dei bambini si sviluppa in questo modo, passando dai disegni delle cose ai disegni delle parole. L’unico segreto dell’insegnamento della scrittura consiste nel preparare e organizzare in modo appropriato questa transizione naturale… Il gioco del far finta, il disegno e la scrittura possono essere visti come dei momenti diversi in un programma essenzialmente unitario dello sviluppo del linguaggio scritto. Lev Vygotsky, “The Prehistory of Writing” (1930), tratto da “The Mind in Society”, 1978.


Questo bambino di 3 anni sta “scrivendo” una storia e, nello stesso tempo, la sta leggendo a voce alta, mentre altri bambini della stessa età, dopo essersi seduti, lo guardano e lo ascoltano con grande interesse.

Scarabocchiare è una parte essenziale di questo processo. Ne costituisce le radici, nutrendo l’anima del disegno, della scrittura, dell’espressione di emozioni e pensieri. Le radici non smettono mai di crescere ed evolvere: come una pianta continua a espandersi visibilmente verso l’alto, così fanno le sue radici verso il basso. Allo stesso modo, lo scarabocchio non è solo una fase transitoria della prima infanzia, ma qualcosa di cui continuiamo ad avere bisogno nel corso di tutta la vita.


Questo post fa parte del progetto Grammar of drawingun viaggio per esplorare il linguaggio espressivo del disegno, a cura di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci.

L’articolo è tradotto in cinque lingue:

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