Bambini coloristi

di Nona Orbach – Traduzione di Roberta Pucci


I miei nipoti amano venire nel mio studio e usare i materiali artistici. Possono scegliere quello che vogliono e utilizzarlo dove e come preferiscono – sul tavolo, sulla parete per dipingere, nel grande contenitore per il gioco della sabbia – mentre io li osservo o lavoro in un altro angolo dello studio. Sono indipendenti, ognuno ha il suo stile e i suoi interessi. Tutti rispettano e guardano con ammirazione il lavoro degli altri, nonostante sia diverso dal loro.

 

Il più grande ama i colori: mescola, spalma, riempie pagine e fogli di colori a tempera senza stancarsi, con grande energia e perseveranza.

È un bambino “colorista”.


Bambino “colorista” di 4 anni

I bambini coloristi sono portati all’azione e alla sensorialità: mescolano, impastano, mettono insieme più cose, fanno confusione, creano dei ritmi. A volte, tali processi creativi producono dei motivi decorativi o degli schemi che si ripetono.

Di solito, in ogni classe si trova qualche bambino o bambina colorista. A differenza della maggior parte dei bambini, essi non sono molto interessati a rappresentare qualcosa di riconoscibile, come una casa o una persona: questa capacità cognitiva si sviluppa al di fuori del loro foglio!

Spesso, all’interno dei contesti educativi, sono più in difficoltà degli altri bambini perché non disegnano ciò che gli adulti (e la società) si aspettano da loro.

Educatori e insegnanti sono per lo più impreparati e un po’ disorientati di fronte a questo fenomeno.


Perciò, quei bambini che disegnano delle immagini riconoscibili saranno gratificati dall’insegnante e dai genitori (“Guarda, ha disegnato un uomo!”), mentre il lavoro di un colorista verrà paragonato alle opere dei suoi coetanei e considerato poco più di uno scarabocchio senza valore, o magari definito ironicamente “un Picasso”. Il bambino, naturalmente, percepirà fin troppo bene questo giudizio.


Un pomeriggio mio nipote mi disse con aria triste:

Yael mi ha detto che il mio disegno è brutto perché ho disegnato sopra le righe.

Mi spiegò che l’insegnante aveva dato a tutti delle fotocopie con delle immagini da colorare con i pastelli.

Tu cosa hai risposto?

Non ho detto niente.

Quanti anni ha Yael?                                                                          

Quattro.

È anche lei un’insegnante di pittura come me?

No.

Bene, quindi in questo caso, ti spiegherò qualcosa che poi tu potrai spiegare a lei e agli altri compagni della tua classe: ogni bambino è unico e ognuno disegna come preferisce. E inoltre esistono tantissimi modi diversi per dipingere e disegnare. Altrimenti, se fossimo tutti uguali, non esisterebbero le mostre e i musei.

Per esempio, alcune opere si chiamano “astratte”: ci sono delle forme, dei colori, dei punti e delle linee, ma nessun cavallo, nessun fiore, uomini o case. Assomigliano a quello che fai tu. Anch’io dipingo così, e le mie opere sono state esposte anche in un museo.

Di’ a Yael che non tu sei obbligato a stare dentro le righe, se non vuoi. Ogni bambino e ogni bambina è il re e la regina del suo foglio, quindi può scegliere. A Yael piace disegnare dentro le righe, come a tuo cugino, e i suoi disegni sono molto belli, ma sul tuo foglio puoi decidere tu cosa fare. Nel disegno non esiste una regola valida per tutti.


5.6 anni

Qualche tempo dopo, mio nipote mi disse che Yael aveva cominciato a colorare fuori dalle righe, ogni tanto, anche se di solito restava dentro.


6.1 anni
6.6 anni
9.7 anni

Oggi mio nipote ha 12 anni e suona la batteria. Fin da quando era molto piccolo gli è sempre piaciuto cucinare.

Creare ritmi visivi e musicali, tagliare, tritare e mescolare gli ingredienti in cucina… tutto questo va a comporre metaforicamente un filo conduttore che ci svela le caratteristiche della sua impronta spirituale.


10 anni
9.7 anni

Per i bambini coloristi, la materia e l’esperienza sensoriale costituiscono il cuore del processo creativo. Se vi capita di incontrarne uno, avrà sicuramente bisogno di quel supporto e di quel riconoscimento che il sistema educativo attuale non è in grado di offrire a questa particolare modalità espressiva.

Questo articolo fa parte del progetto Grammar of Drawing di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci, ed è stato tradotto in 4 lingue:

Perché disegnare un fiore?

di Roberta Pucci e Suzanne Axelsson


Spesso, nei servizi educativi per la prima infanzia, viene proposta un’attività di disegno simile a quella della foto qui sopra, magari con diverse varianti: un fiore o un altro elemento vegetale al centro del tavolo, una selezione di strumenti artistici per disegnare e dei fogli di carta distribuiti nelle varie postazioni. Cosa ne pensate? Come possiamo dedurre che si tratta di una proposta interessante e “buona” per i bambini?

La tesi, forse un po’ provocatoria, di questo articolo è che non sia possibile stabilirlo solo osservando una foto, cioé a prescindere dalla conoscenza del contesto all’interno del quale la proposta si colloca. 

Perché disegnare un fiore, quali sono le motivazioni della scelta? Qual è la relazione tra i bambini e quel fiore? E perché proprio quei materiali per disegnarlo?

Nel caso che effettivamente il fiore risulti un soggetto significativo per i bambini, dovremmo ancora approfondire: quale storia o interesse particolare ha attivato la relazione? Se l’interesse, per esempio, si concentra sulle sfumature cromatiche, forse la scelta dei pennarelli non sarà molto adatta: i bambini potrebbero esplorare le mescolanze dei colori con dei materiali liquidi che si prestano meglio a creare le sfumature, come le tempere, gli acquerelli o magari i pastelli a olio.

 

Se invece l’attenzione sembra concentrarsi sulla forma, allora forse una matita può bastare, così da favorire la ricerca formale. Una selezione mirata e limitata dei materiali può essere utile anche nel caso di particolari difficoltà, ad esempio per rispondere al bisogno di “contenimento” di un bambino iperattivo o per dare un senso di “protezione” e di “confine” quando la presenza di troppi stimoli è disturbante.

Viceversa, lasciando a disposizione dei bambini tutti i materiali, si andrà a innescare un tipo di ricerca completamente diversa che privilegia l’interpretazione soggettiva.

Nessuna scelta è neutra, ma nello stesso tempo, né buona né cattiva di per sé. Siamo consapevoli, dunque, di come la nostre proposte influiscono sui processi?

Oltre all’osservazione, al dialogo e ad una relazione empatica con i bambini, uno strumento fondamentale per orientarci in questo senso è la conoscenza dei materiali: una conoscenza concreta, esperienziale, concedendoci il “lusso” di giocare e di sperimentare i materiali in prima persona prima di offrirli ai bambini.

Certamente anche la componente estetica della proposta costituisce un aspetto importante, ma la proposta più “bella” e accattivante non risulterà significativa per il bambino se non riesce a connettersi al suo vissuto e alla sua esperienza. 

Siete i benvenuti a condividere la vostra esperienza: quali sono state le motivazioni della scelta e quali le risposte dei bambini?

 

Questo articolo è nato da un confronto tra Suzanne e Roberta a partire da uno spunto del post Invece il 100 c’è.

Il post è disponibile in quattro lingue e fa parte del progetto Grammar of drawing a cura di Suzanne AxelssonNona Orbach e Roberta Pucci.