Perché l’insegnante odia il disordine? (Ovvero le gioie dell’arte caotica)

di Suzanne Axelsson – Traduzione di Roberta Pucci


Nel corso degli anni, ho avuto modo di osservare i benefici derivati dall’usare i materiali artistici (o qualsiasi altro materiale) in modo libero, disordinato, senza paura di sporcarsi. Allo stesso tempo ho incontrato molti educatori e dirigenti di scuole dell’infanzia (o altre scuole) completamente avversi al disordine, con il risultato che in quei contesti le possibilità dei bambini di giocare con i materiali artistici erano molto limitate.


Autorizzare i bambini molto piccoli (o di tutte le età) a giocare ed esplorare a 360 gradi significa fare pace con il disordine. Spesso il disordine è portatore di ricchezza dal punto di vista della sensorialità, della conoscenza e della socializzazione: eliminarlo dai contesti educativi per l’infanzia è quindi controproducente.

Certo, richiede più lavoro per pulire. Tuttavia, ho notato che spesso i bambini rimettono in ordine volentieri, anche se ciò naturalmente richiede più tempo: ma quanti apprendimenti sono racchiusi in questo momento! Come Roberta ha descritto in precedenza, lasciare un segno non consiste necessariamente nell’aggiunta di un materiale su una superficie, ma anche nel rimuovere il materiale dalla superficie… quindi ripulire un tavolo o il pavimento dal colore dischiude nuove scoperte e opportunità creative, così come pulire i pennelli e i contenitori del colore. Non ho mai incontrato un bambino che non comincia a giocare riempiendo una bacinella un po’ sporca di colore e che non si meraviglia di fronte alle trasformazioni che accadono. Qualche volta, poi, comincia anche a “cucinare” o a comporre pozioni magiche con i pennelli, l’acqua e i colori. I lunghi lavandini dei bagni comuni sono il massimo per questo tipo di esperienza.


Quando progetto un’attività sensoriale immersiva, pianifico in anticipo anche le modalità con cui i bambini si potranno pulire: c’è un lavandino o una doccia nelle vicinanze, o magari si può predisporre una GROSSA bacinella d’acqua in modo che i bambini non si debbano spostare? Esistono dei grandi contenitori di plastica che sono perfetti come “vasche” improvvisate e che diventano parte integrante (e divertente) dell’intero processo. Gli asciugamani sono già pronti lì accanto, insieme ai cambi asciutti ordinatamente piegati.

Nel mio caso, sono stata fortunata ad avere a disposizione una doccia vicino all’atelier, che significa poter lavare i bambini molto facilmente.


Tutto viene predisposto per far sì che questo momento di transizione sia meno problematico possibile, specialmente per quei bambini che lo affrontano con una certa difficoltà.  

E sì, può essere difficile, così intenso da ritrovarsi in un bagno di sudore: ma ne vale senz’altro la pena.


Alla fine dell’anno scolastico, lascio decidere ai bambini cosa vogliono fare in atelier l’ultimo giorno di scuola. Definiamo il programma con qualche settimana di anticipo, in modo che io possa predisporre tutto l’occorrente. È da molti anni ormai che faccio questa proposta e ogni volta i bambini scelgono un’esperienza pittorica immersiva, caotica, con tutto il corpo. Spesso accade che il gioco e l’esplorazione pittorica continuano finché la carta si distrugge completamente. Di solito cerco di riciclare i materiali, per ragioni di sostenibilità ecologica, ma in questo caso lascio ai bambini la possibilità di imparare molte cose sulla saturazione, sull’impatto deli movimenti dei loro corpi sulla carta bagnata, eccetera.


Ma che dire della gioia?

Non solo la gioia, ma i dialoghi che nascono dall’osservazione delle diverse consistenze liquide, dei mescolamenti, delle interazioni tra i colori e delle tracce che questi lasciano sul corpo…


In tutto questo c’è molto da imparare sul “permesso di”: sono autorizzato a toccare qualcun altro e a lasciare una traccia su di lui o su di lei? Ho il diritto di dire “no” a qualcun altro? E nel caso io scopra di averne diritto, ho la forza di farlo?


Questo tipo di attività artistica “disordinata” non è necessariamente di gruppo.

Può accadere che un bambino prenda un pennello e cominci a dipingere su di sè anziché sul foglio di carta, percependo le setole del pennello e il fresco della vernice sulla pelle, dimenticandosi della carta e di ciò che “avrebbe dovuto fare”, concentrandosi invece sulle piacevoli sensazioni delle mani e delle braccia mentre si trasformano.


Ma non tutti i bambini amano sporcarsi o immergersi in questo genere di esperienza. Dei miei tre figli, per esempio, due amavano sperimentare in modo immersivo e totalizzante il colore, il cibo o qualsiasi altro materiale di cui potevano disporre liberamente, mentre l’altro era avverso al disordine e lo viveva in modo traumatico, piangendo e cercando disperatamente di pulirsi. Quindi, è importante far sì che tutti i bambini siano liberi di esplorare i materiali artistici nel modo che preferiscono: per esempio usando degli strumenti invece delle mani, indossando dei guanti o appoggiando un pezzo di plastica sottile sopra il colore per spargerlo senza toccarlo direttamente. Se ci prendiamo del tempo per riflettere su come l’attività sarà vissuta da tutti i bambini, l’esperienza risulterà meno caotica dal punto di vista emotivo.


Alcune scuole in cui ho lavorato avevano delle regole molto severe riguardo la pulizia di pavimenti, pareti e arredi, e ho dovuto trovare delle soluzioni creative per riuscire a far sperimentare ai bambini la libertà di usare i materiali artistici senza andare incontro a dei problemi personali.


Ho ricoperto i pavimenti con delle vecchie carte o dei teli di plastica per proteggerli, in modo da non dover controllare se i bambini stavano dipingendo “in modo appropriato”. Un altro elemento fondamentale è che i bambini abbiano un accesso agevolato ai bagni o ai lavandini. Non sempre il design delle scuole è funzionale in questo senso e a volte non ci sono lavandini nella stanza in cui si dipinge, con il rischio, quindi, che un bambino lasci una scia di colore nei suoi spostamenti per pulire i pennelli, o magari lasci da qualche parte un contenitore. Un’altra alternativa è lasciare il gruppo da solo per qualche minuto… a meno che io stabilisca esattamente il momento in cui tutti possono uscire, una soluzione che non mi appartiene.  


Credo che avere una bacinella d’acqua con un asciugamano in una stanza senza lavandino non sia una buona soluzione, in qualche modo invita e autorizza i bambini a usare l’acqua ovunque.


Inoltre, cerco di scegliere dei materiali artistici che si possono facilmente lavare o cancellare, in modo da ottimizzare l’esperienza dei bambini. Le scelte dell’adulto all’interno del contesto educativo, quindi, sono fondamentali e fanno la differenza nel grado di libertà che i bambini potranno sperimentare durante le loro esperienze artistiche.


A volte anche i genitori rappresentano un ostacolo. In questo caso, è molto utile instaurare un dialogo con loro, spiegando i benefici “del fare arte” in modo libero, caotico, e comunicando in anticipo quali giornate sono dedicate a tali attività, in modo che i bambini indossino dei vestiti che si possono sporcare. Mi è anche capitato di lavare io stessa alcuni vestiti dei bambini, nel caso di famiglie che sapevo essere in difficoltà riguardo l’utilizzo della lavatrice o il possesso di un numero sufficiente di vestiti (nota del traduttore: nelle scuole dell’infanzia svedesi è sempre presente una lavatrice, abitualmente utilizzata dalle insegnanti). 


Quando i miei figli frequentavano la scuola dell’infanzia, avevano dei vestiti appositamente riservati alle attività artistiche, sui quali potevano anche strofinare le mani ricoperte di colore senza paura di sporcarli. In questo modo non è necessario indossare un grembiule, che potrebbe limitare i movimenti o provocare dei suoni o degli odori che risultano fastidiosi per alcuni bambini. Alcuni bambini hanno paura di sporcarsi perché temono il giudizio dei loro genitori, altri semplicemente perché non amano farlo: ognuno deve essere accolto, rispettato, sostenuto nell’affrontare la sua difficoltà per sperimentare la gioia di creare. Il dialogo con i genitori, un equipaggiamento protettivo o dei vestiti di ricambio possono essere delle strategie utili in questo senso. Dentro questo disordine c’è molto più del caos: c’è la matematica, la scrittura, c’è gioia, ci sono interazioni sociali, costruzioni di conoscenze. C’è anche quella libertà di cui abbiamo parlato negli articoli precedenti a proposito dello scarabocchio. Questa libertà disordinata non è accessibile in tutte le case dei bambini: per questo è così importante e necessario che possa essere vissuta all’interno dei contesti educativi. Nel prossimo articolo continueremo a indagare questo tema con un approfondimento su ciò che abbiamo definito “arte caotica”.


Questo articolo fa parte del progetto Grammar of Drawing di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci, ed è stato tradotto in 4 lingue: