di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci
Su cosa si fonda il progetto Grammar of Drawing, quali riteniamo siano le cose più importanti su cui riflettere?
A distanza di circa un anno dall’avvio del progetto, ci siamo poste questa domanda.
Mentre ne stavamo discutendo in inglese (unica lingua in comune tra noi tre), Suzanne si rese conto, prendendo appunti, che le quattro parole ricorrenti cominciavano tutte con la lettera “P” (Produce, Process, Permission and Play):
- Prodotto
- Processo
- Permesso
- Gioco
Così le quattro P sono diventate una sorta di manifesto del progetto che abbiamo utilizzato come traccia per l’intervista al Teacher’s Tom Play Summit 2022, un importante evento annuale dedicato all’educazione.
Naturalmente la scelta non è stata motivata dal gioco di parole, ma dall’essenza del loro significato. Ci siamo rese conto che esse costituiscono il perno della nostra riflessione sul linguaggio del segno e del disegno, portando come un soffio vitale alla nostra ricerca e al nostro approccio con i bambini.La coppia processo-prodotto non va intesa come una dicotomia in cui una parte esclude l’altra: entrambe fanno parte della stessa esperienza. Forse a volte l’una sarà molto evidente mentre l’altra poco visibile, come le due facce di una stessa medaglia, la quale però – ricordiamoci – non ha solo due lati, ma anche una forma e un volume che li unisce. Certamente il prodotto è importante, ma dobbiamo riconoscere lo stesso valore anche al processo. L’equilibrio tra queste due “P” è in continuo movimento, come una danza in cui l’una o l’altra dirigono a turno l’esperienza creativa.
I problemi (ancora un’altra P!) cominciano quando, per qualche motivo esterno, una delle due parti acquisisce più potere dell’altra.
Per esempio, il sistema scolastico potrebbe dare la priorità al prodotto, sostenendo implicitamente che il processo di apprendimento è meno importante del prodotto, ovvero della prova concreta di un avvenuto apprendimento (spesso si tratta di test e richieste di vario genere per verificare particolari capacità).
Questo è un modo per uccidere la creatività, il gioco, il piacere. I bambini e gli studenti non hanno il permesso di esplorare i propri interessi e le proprie possibilità rispetto le tecniche o i materiali presentati.
Allo stesso modo, se l’attenzione è rivolta unicamente al processo senza creare alcun prodotto, il processo potrebbe sembrare senza scopo o precludere il senso di soddisfazione e realizzazione. Il prodotto può essere individuale o collettivo, ed entrambi hanno un ruolo importante. Anche il processo, infatti, può essere standardizzato, limitato e controllato per molti motivi, non solo per ottenere un certo risultato ma anche per questioni di tempo, per la paura del caos e del disordine, per certe aspettative o preconcetti (spesso sbagliati) su “cosa il processo dovrebbe essere”. Quindi, il fatto che un insegnante si concentri sul processo non significa necessariamente che i bambini siano liberi di esplorare e sperimentare.
Ecco perché, più che seguire il dibattito su processo e prodotto che dilaga sui social media, ci interessa riportare l’attenzione sulle altre due “P”, ovvero gioco (Play) e Permesso, due parole che hanno un’ampiezza e un peso specifico maggiori.
In che modo i bambini possono giocare con i materiali per capire i loro processi e vedere I loro prodotti? Hanno il permesso di giocare liberamente? Come ci ricorda Nona, dov’è la linea di confine? Dove gli adulti cominciano a dire no e impediscono ai bambini di fare certe esperienze, di cogliere certe opportunità, di fare alcune cose. Ci possono essere delle buone ragioni per alcuni di questi confine, ma spesso questi si basano su pregiudizi, paure e la mancanza di tempo per riflettere sulle tre “I” di cui parla Suzanne: Interazione, Intervento, Interferenza (guarda caso sono tre “I” anche in italiano!).
Queste tre parole ci possono aiutare ad orientarci tra prodotto, processo, gioco e permesso.
- interagiamo con il bambino o la bambina con un atteggiamento di permesso
- interveniamo solo per supportare il processo e il flusso del gioco
- interfereriamo il meno possible per far sì che il prodotto del gioco e del processo non venga distrutto o disturbato.
Il prodotto potrebbe essere qualcosa che il bambino ha creato intenzionalmente oppure accidentalmente nel corso del gioco, potrebbe generare una conoscenza o la creazione di un senso/significato – che la nostra interferenza impedirebbe.
Il Gioco e il Permesso riguardano la libertà. Libertà di esplorare, scoprire, creare, agire. Dare il permesso è un atto d’amore, in quanto implica la comprensione profonda delle capacità, degli interessi e del benessere di ogni bambino e di ogni bambina, in modo da garantire la loro sicurezza (negando il permesso di fare esperienze pericolose, per cui non sono ancora pronti) e nello stesso tempo offrendo lo spazio per fare degli errori dai quali essi possano imparare.
Immagine di copertina: opera di Arianna, 5 anni
Per approfondire:
- Dialogo con un foglio di carta di Roberta Pucci
- The Competent Child – The Competent Teacher di Suzanne Axelsson
- Permission and affinity di Nona Orbach
Questo articolo fa parte del progetto Grammar of Drawing di Suzanne Axelsson, Nona Orbach e Roberta Pucci, ed è stato tradotto in 4 lingue: