Quando un materiale diventa uno scarto? In relazione a quale criterio lo definiamo tale?
Rifettendo su questo tema, mi sono resa conto che un materiale viene considerato “scarto” sempre in relazione a un certo contesto, obiettivo o significato dal quale viene escluso. Uno scarto di cibo è tale rispetto una certa ricetta, ma può ancora costituire un ingrediente utile per una ricetta diversa o magari diventare cibo per animali o materia prima per altre lavorazioni.
Uno scarto industriale è tale rispetto a un determinato processo di lavorazione, che ha come scopo produrre un certo prodotto, e così via. Quindi potremmo affermare che il concetto di scarto è sempre relativo, non assoluto, e cambia con il punto di vista da cui lo consideriamo.
Per esempio le strisce di carta sono uno scarto tipografico ma un materiale prezioso per i miei laboratori creativi.
Dal punto di vista del processo creativo, ciò che viene comunemente considerato scarto – che quindi non è percepito dentro una conice di senso predefinita – può portare con sé una qualità molto importante: quella dell’imprevisto, dell’inaspettato che ci sorprende e che apre delle possibilità altrimenti impensabili.
Esther, per esempio, è nata da una striscia di carta piegata, rimasta in un angolo del tavolo insieme ad altri pezzi di carta, come scarto della costruzione di non ricordo cosa.
Il giorno dopo, l’ho toccata accidentalmente facendola oscillare e ho cominciato a giocarci, affascinata dal quel movimento casuale. Sembrava viva, assomigliava a qualcosa. Una forma cominciava a definirsi e io cercavo di farla emergere, di renderla visibile con le forbici, finché… eccola, ciao Esther!
Non sarei mai riuscita a creare Esther attraverso una ricerca intenzionale: ho avuto bisogno di un imprevisto, del caso, di uno sguardo nuovo su qualcosa di non-finito e apparentemente privo di senso. Del potenziale creativo di uno scarto.
Dove nasce quindi un’idea, è nella nostra testa o nel materiale? Dentro o fuori di noi? Io credo che si trovi a metà strada, ovvero nell’incontro, nella relazione tra noi e il materiale – proprio quel materiale particolare, con le sue specifiche caratteristiche osservate in modo aperto e curioso.
Cosa succede se proviamo a recuperare dal cestino della carta dei pezzetti di scarto con questo sguardo?
Qualsiasi cosa può attivare un nuovo inizio. Forme impreviste – non riconoscibili e indefinibili – diventano uno stimolo per l’immaginazione.
Per riconoscere il potenziale creativo di un materiale (specialmente se considerato “scarto”) è importante decontestualizzarlo e posizionarlo in uno spazio che lo valorizzi, con un po’ di vuoto intorno che ci permetta di osservare le sue caratteristiche da diversi punti di vista.
Il modo di disporre le cose, gli accostamenti, la quantità, l’organizzazione dello spazio: sono tutti elementi interconnessi che influenzano la nostra percezione e la nostra interazione con le cose.
Non è un caso che la cura dello spazio e dei materiali sia una qualità fondamentale per i luoghi che si propongono di rimettere in circolo materiali di scarto, come i centri di riuso creativo.
Una cosa bella – di cui sappiamo vedere la bellezza – non diventa scarto.
Il rischio, a questo punto, è quello di non buttare via niente (e di non avere più bisogno di comprare cose). Tutto può continuare a vivere attraverso la trasformazione, acquisendo parallelamente nuove funzioni e nuovi significati.
Il concetto di scarto nasce nel pensiero di chi lo attribuisce, e infatti in natura non esiste. Diventare consapevoli della relatività e della potenzialità dello scarto è un atto rivoluzionario.